La voce dello scarpone. Blog#4

La voce dello scarpone.

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L’umano non scia più in neve fresca e volendo quest’anno ce n’è stata abbastanza. A noi dispiace per lui e per noi perché in neve fresca deve essere più leggero e ci stritola meno ma non ci va più.
Ieri notte eravamo svegli e lo abbiamo sentito mormorare nel sonno: “Qui a Livigno non c’è più neve fresca bella!” Pensavamo avesse un incubo ma poi biascicando ha proseguito: “Non ce n’è più perché non c’è l’intorno: lenzuoli intonsi, silenzio, pochi sciatori, non riesci più a vedere la tua traccia una volta in basso”. Abbiamo capito e non possiamo che concordare con lui. Prendiamo Vallaccia. Una volta spingersi su quel pendio riempiva: neve profonda, silenzio, il timore giusto del sapersi lontani da soccorsi, rumori. I segni dell’uomo erano solo quelle belle baite e tee in fondo alla discesa. Ora non è più così. La magia del posto è scappata altrove. Ora è solo campi arati malamente, rumore, zero stile sciistico e poi in fondo quell’insulto di cemento che chissà quanti anni rimarrà lì: la improbabile stazione a valle della seggiovia mai fatta. Noi dicevamo “Per fortuna” ma oggi è tutto rovinato, svanito anche se la costruissero cambierebbe poco.
La magia, “l’avventura” di scendere Vallaccia così come altri pendii livignaschi è ridotta alle dimensioni di un nano. Oggi per andare dove sempre andammo deve ricordarsi l’arva, lo zaino e poi in seggiovia devi slacciarlo, rimetterlo, fissare la cinghia sotto gamba se è l’air bag…insomma è un’assoluta rottura di zibidei. È una dimensione che fa a pugni con la libertà di una volta. Allora lo sentivamo dire: “Si va in Vallaccia” era un impulso dettato dalla considerazione delle condizioni, se eri lì diveniva la logica conseguenza oggi la conseguenza di sciare vien dopo all’arva, la pala, la sonda, l’airbag, la folla. Non siamo più liberi in Vallaccia, in Calcheira siamo nell’area per far pisciare i cani dei giardinetti di Milano, quelli di Piazza Vallaccia, Piazza Calcheira. Se l’umano ci andrà sicuro come l’oro sentirà la puzza degli escrementi. Il tutto è anche prodotto della spinta pubblicitari delle stazioni delle aziende a insistere sul fuori pista. Il sogno è spezzato e all’umano non resta che mormorare nel sonno o spingersi più lontano.
Calcheira, idem. Come nevica essendo il pendio più vicino al paese, il più sicuro perché nel bosco, viene invasa e l’umano sa che il folletto di Calcheira scappa o già è scappato. Anche lì non c’è più la magia, che a volte era lo scoiattolo, il capriolo se non il cervo che ti sorprendeva e se capivi che magia, dono era incontrarlo cercavi di far piano, in silenzio per recargli il minor disturbo possibile. Oggi se li incontrano li inseguono fino a fargli scoppiare i polmoni e forse anche il cuore.
Dove andare allora?
Cosa gli possiamo suggerire…sempre mentre dorme?
Luoghi più lontani? Ce ne sono di sicuro, ma ha poco tempo deve lavorare. Povero lui la guerra tra passione e lavoro si svolge sullo stesso campo e così non può essere piacere perché a lui piace insegnare e allora la sua energia, la sua passione si riversa nell’insegnamento ma anche lì ci sono tanti fattori a disturbare.
Non gli rimane che lo sci alpinismo, ma non è ancora tempo. La neve è troppo instabile su questi pendii che a novembre hanno visto la neve poi la pioggia poi il ghiaccio della rigelata. Queste superfici rimarranno pericolose per tutta la stagione.
L’umano ha detto: “Aspettiamo il firn, la semeda” e poi, rimanga tra noi, ha la testa troppo presa da quel progetto che vi accennavo l’altra volta, ma non posso ancora dirvi niente.

Squinc

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