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“Brividi Liberi” racconto completo

“Brividi Liberi”

L’autore, il direttore responsabile della collana e l’editore tengono a
far presente che i personaggi sono puro frutto della fantasia e gli
avvenimenti…un po’ meno

1
Ero tutto ammaccato, sporco di fuliggine, l’esplosione quando le fiamme avevano raggiunto il deposito degli acidi era stato enorme. Per fortuna mi ero accorto del fumo che spinto dall’aria sgusciava sotto la porta e in quel momento i pensieri erano corsi a mille.
Fumo? Fiamme? Acidi?
Era meglio non perdere tempo e scappare all’aperto. Anche se ero arrivato ad una svolta nello sviluppo dello scarpone da telemark DCT era meglio salvare la pelle.
Guardando le fiamme distruggere lo studio, il magazzino, i disegni e pure i sogni che vi erano contenuti, tra un dolore e una botta il pensiero che girava nella testa era:
“Come ho fatto a trovarmi in questa condizione? Cosa mi ha portato della vita a finire al centro di questa esplosione? Perchè?“
Indubbiamente vivendo il mondo produttivo del telemark da già un po’ di tempo avevo già delle idee su chi potesse aver scatenato questa esplosione. Questo attentato. Si, perchè era chiaro che di attentato si trattava.
Gli affilati alla setta di Telemark Senza Etica?
Poteva essere, ma nella loro ambiguità – promotori, sobillatori, sfruttatori di aziende, stazioni sciistiche e chi più ne ha più ne metta – mi sembrava di poterli escludere.
La loro approssimazione, dilettantismo, scandali, denunce e processi entro i quali si divincolavano – mi sembrava li tenesse già assai impegnati. Perchè aprire un nuovo fronte così terribile quale quello di un attentato!
Più facile si trattasse di una delle tante manovre della lobby dei fabbricanti di scarponi. Quelli sì che sono potenti, mi dissi. Hanno risorse economiche, agganci nella malavita del Brenta ma soprattutto sono animati da una secolare invidia. Invidia che li mette uno contro l’altro ma che allo stesso tempo li cementava nell’intento di fare profitto, interesse e il tutto a scapito della genuina passione di chi sciava a telemark.
Mentre si udivano le sirene dei mezzi dei pompieri e delle forze dell’ordine, mentre i vicini accorrevano per aiutare a spegnere l’incendio il pensiero costante e finale era sempre lo stesso: “Come potevo essere finito in quella situazione?” In fondo si trattava di tentato omicidio. Omicidi di persone e sogni.
La testa mi ronzava ancora per il tremendo rumore dell’esplosione, per la naturale necessità – tipica dell’essere umano – di trovare un perchè, un colpevole quando il capitano della polizia, il capitano Happy Canc, balzò fuori dall’auto mentre era ancora in corsa e avvicinandosi, dopo essersi sincerato fossi ammaccato ma vivo sbottò: “Non si può più andare avanti così!” “Vai a farti medicare e poi faremo un lungo discorso nei miei uffici a Poena.”

2
Jack si era appena alzato dal letto e nella piccola cucina della capanna che gli era stata assegnata tra le montagne del Nord Corea mentre preparava la prima delle decine di caraffe di caffè della giornata pensando alle ultime ore appena trascorse.
Lavorava da tre anni per la fortissima e famigerata azienda americana DB.
L’acronimo stava per Dumb Beeings, si potrebbe tradurre con Esseri Stupidi.
Grazie a una abile politica di marketing era riuscita a far passare il messaggio fosse la produttrice di attrezzature per la montagna più vicina alle comunità dei climber, freerider e telemarker.
In effetti era mossa solo e soltanto dal concetto di profitto selvaggio. Ai piani alti dell’azienda erano state scartate moltissime ottime idee e mai messe in pratica solo perchè troppo costose e dal troppo piccolo margine di guadagno. Per ragioni di invidia e l’eterno desiderio americano di “far vedere i muscoli agli europei” – nello specifico ai produttori di scarponi da sci e da telemark – aveva deciso di sfidarli annunciando che dalla prossima stagione DB avrebbe venduto scarponi da telemark.
Jack era stato nominato responsabile del progetto. Un progetto che era nato male sin dall’inizio. Mentre aspettava che il caffè percolasse nella caraffa in vetro ricorreva tutte le tappe di quello che più che un progetto sembrava o almeno a lui sembrava un totale fallimento. Ma la sua attenzione era più per quel corpo che aveva appena lasciato nel letto piuttosto che i mille problemi che ogni giorno doveva affrontare.
L’aveva incontrata a Pnon Pen, la capitale, in occasione di un colloquio a cui era stato chiamato dal responsabile della produzione della Repubblica della Corea del Nord. Decidere di piazzare in quel paese la ricerca e sviluppo della linea da telemark di DB era stata una scommessa. Ai vantaggi di segretezza, lontananza da occhi indiscreti, fondi elargiti dal Partito si contrapponeva l’arretratezza industriale, burocratica e per Jack la mancanza di quell’ambiente dello sci occidentale che tanto contribuisce all’entusiasmo di tutti gli amanti della montagna.
Il piccolo paese in cui era stato inviato offriva veramente poco in termini di divertimento e svago. C’era si quella natura nuova uguale e diversa a quella di casa sua ma il paese era diventato un dormitorio di lavoratori, tutti impegnati alle produzioni occidentali, lo smog avvolgeva le case finchè il tipico vento locale non riusciva a spazzarlo. Ma quel vento così tanto atteso ogni giorno si tramutava in tortura. Gli tagliava il volto ogni volta che doveva lasciare lo studio per recarsi nel grande capannone dove veniva iniettata la plastica negli stampi. Poche birre e cattive la sera, neppure un po’ di hashisc con cui allietare le serate interminabili che si intramezzavano tra una giornata lavorativa e l’altra. Per un po’ di buon svago yankee doveva aspettare le due settimana di riposo a fine mese che gli consentivano di volate ad Hong Kong. Là si che donne, droghe e alcool abbondavano e la carta di credito di DB gli permetteva di fare il pieno prima di ritornare nella sua prigione tra le montagne del Nord Corea.
L’aveva conosciuta al Ministero, era segretaria del sotto ministro ed era stata scelta in base al suo ottimo inglese e la passione per la neve e lo sci. Si chiamava Pin. Jack quando la vide per la prima volta rimase a bocca aperta. Mai aveva visto una ragazza dai lineamenti così fini e delicati e allo stesso tempo così sensuali. Nonostante la divisa, la formalità dell’occasione sembrava ad ambedue si fossero piaciuti a prima vista. Ciò fu corroborato dai discorsi e le risa che si erano scambiati a pranzo, quando il sotto ministro li aveva lasciati per correre a rapporto – inaspettato – dal Ministro in persona.
Era proprio a quel tavolo che Jack aveva invitato Pin a raggiungerlo presso la base produttiva. L’esitazione di Pin era motivata dalla conoscenza della severità della politica coreana quando un locale veniva trovato a simpatizzare per uno straniero, peggio ancora fosse un americano. Ma col pretesto di doverci andare per delle verifiche sulla sicurezza poteva essere non impossibile riuscire ad avere un pass per un week end e chissà magari in futuro inventarsi l’esigenza di visite periodiche ma scrupolosamente durante i week end.
Già il primo week end dopo un pasto all’americana – Jack contava molto di far colpo su Pin sfoderando tutte le peggiori abitudini del suo paese e la povera Pin c’era cascata. Affascinata da bacon, uova, tortillas e tutto quanto Jack era riuscito a farsi portare dai suoi amici di DB era presto capitolata. Fu sicuramente anche amore, sentimento, la reciproca semplicità a farli innamorare.
Si trovarono a letto in pochissimo tempo e ciò che coinvolse Jack, anzi potremmo dire che lo fece innamorate follemente, fu la delicatezza della pelle di Pin, la morbidezza con cui faceva correre le sue mani sul suo corpo, i suoi baci ma sempre e tutto associato a una forza e oserei dire violenza del fare all’amore di Pin. Un po’ come sciare a telemark, dolci sulla neve ma decisi rispetto al pendio.
Fu distolto da quei pensieri in modo brusco dal trillo del telefono satellitare. Sobbalzò tanto da versarsi del caffè sulle mani. Bestemmiò volgendosi verso il maledetto telefono. Era stato Peter, il grande capo di DB a volere che le comunicazioni avvenissero tramite satellitare criptato. Nulla doveva trapelare. E quella terribile suoneria che non era riuscito a cambiare.
Si sedette sullo sgangherato sofà. L’umore reduce dai ricordi delle recenti ore trascorse tra le braccia di Pin stava virando verso il lugubre. Quando chiamava Peter era sempre per ordini, rimproveri, solleciti ma quella volta le notizie erano buone. I quartieri di studio, sviluppo e stampa del progetto telemark DCT erano saltati per aria. Peter era riuscito in quell’intento che era stato argomento di ore di discussioni e diverbi. DCT era un grande, ottimo progetto che avrebbe avuto tutta la simpatia e supporto da parte della comunità. L’idea, il progetto, le caratteristiche degli scarponi arrivavano dalla comunità. L’azienda che si stava formando, la futura DCT Project, era di proprietà degli sciatori che all’acquisto di un paio di scarponi potevano aggiungere una modesta cifra e così divenire proprietari di dieci azioni dell’azienda. Il progetto si autofinanziava. Ma la cosa che più irritava Jack e nel caso della comunicazione dell’attentato lo deliziava era che a capo del progetto c’era l’odiato Luck. Jack riagganciò il telefono e ebbro dell’idea di sapere Luck ammaccato e demoralizzato scivolò sotto le coperte. Il corpo di Pin era là e tutto sommato era domenica e la domenica a meno si possa sciare va trascorsa nel miglior modo possibile. Fece correre le dita sulle labbra di Pin, poi le scese lungo il collo e si fermarono ad indugiare sui capezzoli di quel seno che lo faceva impazzire. Lei subito dopo essersi scossa dal sonno prese il comando della situazione e Jack iniziando ad abituarsi a tutto ciò si lasciò condurre verso la migliore delle domeniche trascorse in quel remoto avamposto Nord Coreano

3
Happy Canc aveva un’aria stanca. Da giorni doveva tenere a bada i fotoreporters e i cameraman di tutte le più importanti stazioni televisive del mondo accorsi nella sua valle per l’avvenimento del secolo: Fab Milky,
il famosissimo freerider della valle si sposava!
Inoltre la transumanza dei bovini dagli alpeggi si era tramutata in una stampede quando il primo fuoco d’artificio era esploso. Mucche, capre, asini e pecore avevano
invaso il centro del paese, insozzando le vie di escrementi. IL Sindaco lo
aveva preso in un angolo e gli aveva intimato che tutto fosse ripulito al
più presto. Il matrimonio del secolo meritava sfondi fotografici che
mettessero in risalto la bellezza del paesaggio e della sposa. Per lo
sposo non si poteva fare un gran che!
E adesso l’incendio della sede di DCT.
Chiese a Luck se desiderasse una tazza di caffè e se ne versò lui pure una
buona quantità nella tazza celebrativa della 45 edizione della Skieda. Un
altro simbolo del telemark. Tutto l’ufficio era colmo di pezzi
d’antiquariato della storia del telemark. Un reperto del letame usato
nella prima edizione del salto della merda della prima Scufoneda. Il
bicchiere di carta che Morten Aass aveva usato per ubriacarsi alla Skieda.
Il pettorale di Zorten Aass indossato alla Classic dei primi Campionati
del Mondo di telemark di Lillehammer. Un paio di smilze mutandine da donna
di cui solo lui conosceva la provenienza e il valore iconografico ma
portavano anch’esse la scritta telemark.
“Come ti senti? E anche se sarò ripetitivo: Chi pensi ci sia dietro
quest’attentato?
– I Telemarker Senza Etica?
– I Distruttori Nazionali di telemark?
– Quegli snob di The White Planet?.
Non credo – risposi – i primi son troppo dei sempliciotti anche se tra loro usano l’appellativo sciamplicotti, i secondi litigano in continuazione tra loro sul sesso del
primo angelo che ha sciato a tallone libero, gli ultimi … dispersi sul
globo a chissà far cosa.
In quel momento si spalancò la porta dell’ufficio di Oldy – si perchè
Happy Canc era soprannominato anche Oldy – e si precipitò all’interno
l’appuntato Cacace.
“Marescia’ è arrivato or ora un cablo dal nostro
infiltrato …” e lì si fermò vedendo che Oldy non era solo. Cacace squadrò
Luck aggrottando le sopracciglia, il tipo gli sembrava sospetto. Lo teneva
d’occhio da tempo, non lo sfagiolava che quell’estraneo alla comunità Poenese fosse arrivato a sconvolgere i costumi locali. Cacace che si reputava oramai Poenese d’adozione era dell’opinione che al Nord i meridionali e Luck era di Milano non dovessero avere accesso.
Oldy fece scorrere velocemente lo sguardo sul cablo e licenziò Cacace
ordinandogli di non disturbarlo più, per nessun motivo. Cacace, da ottimo subalterno scattò sull’attenti ma tenne a dire: “Capitan Canc se ha
bisogno sono qui fuori!” Come a dire che avrebbe vegliato sulla sua
incolumità fintanto che quel losco Luck rimaneva in ufficio.
“Pazzesco” devi sapere Luck che da tempo abbiamo un infiltrato tra quelli di TSE. Ci abbiamo messo un bel po’ a selezionare il tipo ideale ma ora
sotto la copertura di promotori abbiamo un ottimo elemento in grado di far
filtrare tutte le notizie che possono interessare il Ministero degli
Interni e quello dello Sport affinchè lo status quo dello sci nazionale
rimanga quel che è, cioè amorfo! E ora la talpa ci informa che in nome
della crociata di TSE – avvicinare chiunque al telemark e attrarre
l’attenzione dei media sulla sciata a tallone libero – hanno ordito una
nuova azione eclatante e pericolosissima. Sembra che per l’anniversario
della cinquecentesima salita invernale della Nord dell’Eiger a Wengen
faranno scendere i loro migliori promotori lungo la parete Nord,
contemporaneamente faranno esplodere tutte le talloniere degli attacchi da
sci dei partecipanti alla discesa di Coppa del Mondo del Lauberhorn. Ma la
cosa peggiore sarà far girare poveri bambini nella zona d’arrivo della
gara vestiti da norvegesi a elemosinare contributi in soldi per la causa
del tallone libero.
Luck ebbe un mancamento. La situazione era totalmente sfuggita di mano a
tutti quelli che fino ad allora si erano dichiarati appassionati di
telemark e tra quelli c’era pure lui. Il senso di sgomento e il peso della
responsabilità sembrava schiacciarlo.
Oldy gli disse di andare a casa a riposarsi mentre lui e le sue forze –
Cacace in primis – avrebbero iniziato a pensare come sventare le minacce
di attentati di cui avevano appena parlato.Luck si diresse verso casa in auto, e una volta parcheggiata camminò lungo il sentiero tracciato nella neve che portava alla sua casa nel bosco. Oldy invitandolo a recarsi a casa pensava di concedergli un riposo dalla ridda
di avvenimenti che si erano succeduti nelle ultime ore. La realtà era
assai differente. Oldy non poteva sapere che la vita di Luck era oramai
vita di solitudine, arida solitudine.
Fermatosi sulla soglia di casa si girò e vide in lontananza il fumo
dell’incendio e immaginò le macerie ma poca cosa gli sembrarono rispetto
le macerie che sommergevano la sua vita. E da tempo sapeva che tutte
quelle macerie, quei fallimenti erano legati a doppio filo col mondo del
telemark. Quella passione, quasi droga, della sciata a tallone libero lo
aveva catturato e distratto al punto di allontanarlo dalla realtà.
Affetti, famiglia, beni, lavoro tutto era passato in seconda fila e chi
può essere quella donna disposta a rimanere in seconda fila, quali quei
figli disposti a lasciare il padre andare a sciare piuttosto che
condividere il tempo con loro. I colleghi? Ma cosa volevi avere in comune
con un pazzo esagitato che disdegnava i propri colleghi che gli impedivano
di insegnare sci alpino con gli attacchi da telemark. E poi i litigi con
gli organizzatori dei festival insomma pian piano e consciamente si era
scavato il vuoto intorno a sé. E quel vuoto era lì ad attenderlo appena
avesse aperto la porta di casa.
Attizzò il fuoco nella stufa, si versò l’ennesima tazza di caffè e si
preparò un cannone che era dalle dimensioni di quelli per sparare la neve
e dopo poco scivolò in quello stato che lo staccava dalla realtà materiale
ma gli apriva la mente alle più straordinarie intuizioni. Come sempre nel
suo cervello partirono le note di una musica che lo avrebbe accompagnato
lungo tutto il trip. I pensieri di dipanarono dal concetto di incendio,
quello della sede di DCT. Poi si trovò a ripercorrere le vicissitudini
degli ultimi mesi. L’abbandono della consulenza per la ditta Scoop e
l’iniziare a diffondere la notizia essere libero sul mercato. Tra i tanti o
pochi che siano – in effetti solo 4 aziende producono scarponi da telemark
– scelse di contattare direttamente Peter con un’email. La mente corse ai
ricordi americani, sciate e pessimo cibo e poi riapparse la voce di Peter
che gli comunicava di mettersi in contatto con i responsabili di DB per il
telemark via Skype.
I pensieri quando era sotto l’effetto del hashisc erano dei lampi,
duravano pochissimi secondi, erano di una chiarezza e linearità spaventosi
ma per altro così come apparivano dopo altrettanti pochi secondi
sparivano.
E così fù anche quella volta. Ma con enorme sforzo cercò di ricordare un
fatto che al momento in cui accadde gli sembrò significativo ma mai più
così greve di orribili effetti.
Alla conferenza intertelefonica erano presenti dall’altra parte della
linea 4 collaboratori di DB, tutti più o meno impegnati nella linea
telemark. Un certo Jack era il responsabile e dopo una breve descrizione
di se stesso e di quanto fatto a Scoop Luck dichiarò poter contribuire
significativamente a migliorare la loro linea di scarponi. Già in quel
momento percepì l’irritazione dall’altra parte della linea quando gli
confessò che il suo sentire la loro fosse una linea che non aveva portato
nulla di nuovo agli utilizzatori. Sentì la voce di Jack passare dalla
mellifuo all’irritato. I nostri scarponi sono i migliori. Diplomaticamente
Luck decise di assentire ed evitare uno scontro su convinzioni personali e
cambiò registro. Chiese loro se sapessero come risolvere il problema
dell’usura della papera degli scarponi che assillava tutte le aziende.
Jack sostenne di avere delle ipotesi che stavano verificando – era
chiaramente una bugia – ma chiese a Luck di proporre la sua soluzione.
Soluzione che gli era stata passata dal venditore della plastica Pebax, ma
migliore per le esigenze del telemark. “Quando lo scarpone esce dallo
stampo ed è ancora caldo, se si orienta sulla papera una corrente di aria
molto fredda, le molecole di Pebax si orientano in modo da divenire molto
dure. Così le parti che interessano possono diventare difficilmente
attaccabili e usurabili dallo sfregamento di parti degli attacchi”. Per un
lungo e breve attimo ci fu un silenzio oserei imbarazzante dall’altra
parte dell’oceano. Luck immaginò gli sguardi che i 4 quattro si stavano
scambiando. Qualcuno prese pure nota dell’idea. La telefonata finì con un
nulla di fatto. I tipi di DB sostennero che il progetto telemark non aveva
risorse economiche se non da lì a tre anni e che si sarebbero fatti vivi
più avanti.
Luck aveva indubbiamente sperato si potesse arrivare ad un accordo vuoi
per compensare i mancati introiti di Scoop ma soprattutto per quel piacere
che Luck provava a creare, fare, costruire scarponi che aiutassero a
sciare meglio.
Gli effetti del cannone si stavano attenuando e si ricordò delle deduzioni
che aveva tratto una volta che la conferenza era terminata. Allora e oggi
ne era ancor più convinto aveva pensato in quel colloquio c’era un vizio.
Un esterno all’azienda insegnava ai responsabili della stessa come fare
gli scarponi, cosa fare per evitare guasti e malfunzionamenti che in
ultimo portavano costi aggiuntivi e discredito all’azienda. Come poteva
pensare che Jack a colloquio con Peter dichiarasse la sua parziale o quasi
totale incompetenza. La logica avrebbe voluto fosse licenziato seduta
stante. Allora capì di essersi creato un nemico in DB e forse nel mondo
del profitto del telemark. Oggi il sospetto era una certezza. Dietro
l’attentato doveva per forza esserci Jack e forse la DB. “Domani devo
subito andare da Oldy e dirglielo, potrebbe essere la traccia da seguire”
come se lo disse scivolò nel sonno che fu agitato fino all’alba.
In effetti ai quartieri generali di DB a Sweet Lake City al termine di
quella telefonata ci furono due ore di terrore. Peter che spiava tutto ciò
che accadeva in azienda e aveva la possibilità di ascoltare tutte le
comunicazioni in entrata e uscita aveva seguito la discussione con
crescente irritazione e sbalordimento. “Chi fu…ing pago, che c….o di
tecnici ho se non sanno ciò che un sottosviluppato mangia maccaroni sa?!”
Si precipitò negli uffici R&D e aveva sollevato di peso tutti e a Jack
aveva intimato di inziare a darsi da fare seriamente sia sul piano tecnico
produttivo sia sul piano di iniziare a fare circolare voci di disprezzo
sulle idee che Luck faceva girare nel mondo del telemark.
Jack durante una sua visita in Italia con lo scopo di rubare idee alle
aziende italiane vi si era anche recato per farsi stampare un paio di
scarponi DB dato che gli stampi di DB scoppiavano in Cina dove avevano
deciso di fare la vera e propria produzione. La morale era che non solo
non si poteva capire quando sarebbe iniziata la produzione ma Jack non
riusciva neppure ad avere un paio per se per fare test.
Con il paio che era riuscito a farsi stampare grazie all’intercessione
della ‘Ngragheta, assai diffusa nel Nord Est italiano, si era impegnato a
cercare una località sciistica minore dove nessuno lo potesse vedere e li
fare le prime sospirate prove del “suo” scarpone. Se non chè la fortuna
sembrava pendere dalla sua parte e in quella piccola stazione incontrò un
telemarker italiano. Lì per lì maledisse il fato ma quell’incontro gli
permise di prendere due piccioni con una fava (un comune modo di dire
americano per intendere che paghi uno e prendi due). Il tipo all’inizio
gli parlò nel solito modo: “Oh che bello anche tu telemarker!” Poi in coda
allo ski lift iniziò a sussurrare e confessare la sua appartenenza a un
movimento terroristico denominato TSE – Telemarker Senza Etica -. Tra una
risalita e l’altra Jack capì che era un’organizzazione che cercava
disperatamente di farsi luce nel mondo del telemark. Assoldava chiunque
sciasse a tallone libero e li attraverso un’iniziazione mantenuta segreta
– avevano preso d’esempio la Massoneria – li nominava Promotori. Quelli da
loro definiti più sicuri venivano riuniti in un centro d’addestramento in
Val Senales e istruiti a disinformare – uno dei motti di TSE trovava
origini nell’antica Roma: Dividi e comanda” – quindi a cercare di
convincere gli innocenti o allocchi più deboli che si sciasse in un modo
molto strano, quasi impossibile e che solo quanto professato da loro fosse
il Verbo e solo le attrezzature da loro suggerite fossero quelle giuste.
Se poi si dimostrava lealtà massima si veniva introdotti ad uno stage su
cui pochissimo si sapeva. Ora però era chiaro dal cablo portato da Cacace
a Oldy che a quello stadio dell’iniziazione i promotori erano portati a
conoscenza di pratiche di vero terrorismo: esplosivi, dilazione,
sabotaggio. In quella occasione Jack non solo aveva capito che i suoi
scarponi poco o nulla di meglio portavano al telemark e quindi si doveva
iniziare in azienda nella solita politica di comunicati stampa e articoli
pagati a giornalisti prezzolati affinché il mercato si orientasse a
pensare, ancora una volta, che DB offriva quanto di meglio e più vicino
alla comunità ci fosse – ma questo era problema della fortissima equipe di
marketing dell’azienda, si pensi che per 10 tecnici a coprire tutte le
attività sportive di montagna nella ricerca e sviluppo c’erano 100 uomini
e donne nel marketing – ma bisognava non sperperare quell’unica occasione
legata all’incontro casuale di un vero terrorista. Lo invitò a cena e gli
promise 100 pia di sci, 100 paia di attacchi e 10000 paia di scarponi DB
in uso per le loro promozioni. Anche il tipo spalancò gli occhi e gli
chiese del perchè della disparità tra numero di sci, attacchi e scarponi.
Jack aveva calcolato di passargliene 10000 per via del fatto che si
scopava una delle segretarie della contabilità di DB. La poveretta sperava
la sposasse – cosa che non sfiorava neppure lontanamente la testa di Jack
– ma continuando a farla sperare poteva usarla come voleva. Lilly, era il
nome della segretaria, avrebbe immesso quei 10000 paia di scarponi nelle
liste del venduto. Il risultato sarebbe stato conveniente per tutti. Lilly
avrebbe avuto un orgasmo, Jack il plauso dei piani alti di Db, Peter
avrebbe potuto farsi bello dicendo che già al primo anno di produzione DB
aveva venduto quella cifra di scarponi, ciò sarebbe diventato anche motivo
di invidi e sospetto nel gruppo dei rappresentanti di DB, “Chi è che vende
così tanto?”, Peter avrebbe fatto leva su tutto ciò al primo sales meeting
accusando tutti di far poco e di prendere esempio dal telemark e da quel
venditore – di cui teneva a mantenere la segretezza – affinchè si
raggiungessero gli obbiettivi consoni ad un’azienda come la sua.
Jack ritornò a Sweet Lake City sicuro di essere messo bene ma ad ogni
successo segue un insuccesso e appena ritornato gli fu comunicato che dalla
settimana dopo avrebbe dovuto trasferirsi in Corea del Nord. Tutto
sembrava congiurare contro di lui, faceva un passo avanti e due indietro.
Ma non si disperò, trascorse i giorni seguenti a preparare la sua partenza
ma si concentrò a rendere efficaci i collegamenti con SLC, il terrorista
di TSE. Tutto doveva funzionare e proseguire come da accordi nonostante si
trovasse in uno dei luoghi più remoti del mondo.

4
Luck si svegliò con quella pessima sensazione che si ha il giorno dopo una giornata andata storta e terminata tra alcool e marihuana. Per riflesso prese il cellulare ma si accorse che nel trambusto del giorno prima si era scordato di caricarlo. Lo collegò alla presa e iniziò la giornata come sempre preparando il caffè, accendendo la stufa. Si affacciò alla finestra e vide che nella notte aveva nevicato, una di quelle nevicate precoci che scatenano gli sciocchi sui social gridando e inneggiando alla neve che arriva. Per Luck erano solo grane. La macchina non sarebbe riuscita a salire la rampa del garage, le gomme erano ancora quelle estive, la legna non era ancora accatastata per bene e ora avrebbe dovuto fare tutto di fretta e poi c’era tutto il programma DCT andato per aria.
Prese la prima tazza di caffè e si sedette sulla poltrona davanti alla stufa e collegò il telefono alla rete. I secondi che seguirono furono un trillo continuo, decine e decine di messaggi e email. Tutti o quasi erano di entusiasti telemarker che avevano saputo dell’incendio – dell’attentato – e tutti lo spronavano a continuare. Sembrava quasi che l’incidente potesse divenire una spinta in più a portare a termine il progetto e offrire agli sciatori scarponi efficaci e provenienti dalla stessa comunità. Un messaggio lo interessò più degli altri. Chi lo aveva inviato era disposto a raddoppiare l’acquisto di azioni delle DCT Project per rimpinguare le casse dell’azienda e così continuare nello sviluppo del progetto. Un barlume di sorriso apparve sulle sue labbra ma fu subito adombrato dal pensiero di quanto era andato distrutto e quanto si sarebbe dovuto fare.
DCT – Dreams Come True, i Sogni si Avverano – era un’idea che Luck aveva avuto due anni prima dei fatti appena descritti. L’idea era stata abbastanza facile da intuire, un po’ più difficile da mettere in pratica ed era il frutto di anni di travaglio del mondo del telemark.
Negli ultimi cinque anni ma trasversalmente in tutto il mondo le comunità di appassionati del telemark avevano tutti capito che l’industria e in particolar modo quella dello scarpone si disinteressava delle esigenze degli utilizzatori finali. La scusa industriale era che il mercato non cresceva e gli investimenti si fanno solo là dove c’è crescita. Le comunità degli sciatori a tallone libero erano stanchi di tutto questo e Luck aveva intuito che tramite una raccolta fondi finalizzata ad un progetto si poteva sperare di accumulare il capitale necessario a disegnare una nuova linea di scarponi, fatta di pochi modelli, migliore di quelle sul mercato ma soprattutto implementando le idee e intuizioni degli stessi telemarker.
Lo schema era quello già sperimentato con ottimi risultati di produrre dei modelli Beta, venderli a chi volesse con la promessa di sostituirli alla fine del processo di test, test eseguito dagli sciatori stessi, con il modello definitivo.
Lanciata l’idea i capitali erano affluiti ben oltre le cifre necessarie e il tutto era stato di enorme sprone a proseguire nel progetto. Indubbiamente il tutto doveva aver dato fastidio sia ai produttori sia a quella pletora di gruppi e gruppetti di telemarker che si reputavano i detentori del verbo.
La reazione negativa e astiosa era particolarmente acuta in Italia, forse figlia di una storia, tradizione e abitudine fatta di logiche guelfe o ghibelline.
Ma come detto il successo era stato travolgente e evidentemente ma non si sapeva da dove, era partita una contro azione ideologica. Nulla poteva far pensare di arrivare alla violenza fisica.
La realtà italiana, quella che a Luck era sembrata in un primo tempo, assai vivace e bella era in effetti un’arena di belve scatenate. Come già sappiamo c’erano i Telemarker Senza Etica, i Distruttori Nazionali, gli elitari membri del gruppo massonico di The White Planet e gli adepti di Telemarker Italioti.
Luck aveva iniziato a sospettare di quel panorama che in un primo tempo gli era sembrato semplice, schietto e bello il giorno che su un ghiacciaio aveva assistito ad un avvenimento molto preoccupante.
Aveva letto su FB che il Gruppo Italioti organizzava un raduno e vi si era recato, erano ancora i tempi dove tutto gli sembrava bello.
Ricordava ancora quanto lesse su FB: “Sull’italianissimo ghiacciaio dello Stelvio, il Gruppo Telemarker Italioti, darà luogo ad un raduno volto all’esaltazione della pratica dello sci a tallone libero. Espressione massima dell’arte sciatoria. Arte che grazie a una capillare opera di disinformazione scandinava e in particolare da parte dei norvegesi, pretende essere stata inventata da un mai esistito Sondre Norheim. La Sezione Ricerca Storica del gruppo aveva verificato che il suddetto non era mai esistito, mentre la stessa SRS era in grado di dimostrare dati, fatti, reperti storici e altro alla mano che la sciata a tallone libero era nata in Italia e quindi era giunto il momento di smentire quanto aveva confuso le menti fino a quella stagione sciistica e la verità bussava alle porte per dar luogo ad un a nuova era. L’era dove si dichiarava e imponeva che il telemark doveva divenire motivo di orgoglio nazionale. Da quel giorno l’odiato telemark doveva essere cancellato da tutti i libri di storia e sostituito con il più preciso e veritiero Telemarco – bando all’odiata K inesistente nel alfabeto italico e una bella e rotonda vocale a completare la definitiva riappropriazione di ciò che italico era e doveva ritornare ad essere. Il volantino continuava asserendo che da quel giorno ogni raduno di telemarco dovesse iniziare con mezz’ora di sana ginnastica, obbligatoriamente da farsi a torso nudo, a seguire l’alza bandiera. Tutti i cappelli dovevano essere sostituiti da più etici Fetz e alla base di ogni discesa ogni singolo sciatore, volgendosi verso la Norvegia, doveva d’ora in avanti, a concludere l’arditissima prova di abilità, gridare “Eia, eia, telemarco”.
Il telemarco era italianissima espressione delle superiori qualità italiote”. Luck, appassionato di storia rabbrividì quando lesse il tutto nonostante fosse al caldo della sua casetta, neppure sci ai piedi sul ghiacciaio.
Purtroppo quella delirante idea aveva trovato simpatizzanti e i suoi timori e da lì decisione di allontanarsi da qualsiasi congrega italica, furono rafforzati dall’orribile esperienza vissuta su un ghiacciaio quel giorno, perchè alla fine ci andò quasi volesse vedere coi suoi occhi ciò che appena letto. Quel giorno pensando di assistere ad un’esercitazione di ricerca in valanga vide degli sciatori muniti di pale erigere una sorta di piedistallo in neve. Lassù salì il Capo Manipolo – la gerarchia era stata decisa riesumando modelli precedenti e tipicamente italici – di un gruppo di Telemarco (il nome era stato cambiato frettolosamente e tutti i documenti precedenti dove compariva la K finale erano stati bruciati nella famosa Notte dei Cristalli) arringò la sottosezione Promotori Farmaceutici di Telemarco Senza Etica. Iniziò più o meno così: “Sull’italianissimo ghiacciaio dello Stelvio, strappato all’odiato popolo delle K, oggi faremo discese in formazione, al termine delle quali, in un’unica voce gli italianissimi telemarci (in effetti la declinazione al plurale dello sciatore di telemarco lasciava molti perplessi anche all’interno del gruppo dirigente!) lancerà a trafiggere la gelida aria di alta montagna l’incoraggiamento e parola d’ordine: Mi piego ma non mi spezzo”.
Caratteristiche del telemarco era come detto il nero Fetz, sci obbligatoriamente K2 in quanto primo 8000 conquistato dagli italiani e attacco a 3 chiodi Rotto il Fellone.
L’ordine impartito alle truppe, gli sciatori era riuniti in manipoli, era non di divertirsi ma di persuadere, convincere nei casi limite utilizzando anche l’ipnosi le masse che il telemarco era italianissimo e la sua diffusione avrebbe aiutato nello sforzo bellico l’industria italica.
Luck dall’ora aveva cercato di allontanarsi da tutto questo tagliando i rapporti anche quelli occasionali con i gruppi e persino coi singoli. Ma gli era risultato difficile, vuoi per la sua educazione, vuoi per il fascino di sciatore americano che aveva su tutti gli appassionati. Nelle alte sfere era mal visto per i suoi natali non italiani ma come al solito la Sezione Ricerca Storica stava cercando di cercargli una genealogia dove si dimostrasse che un suo lontanissimo parente, pur sempre americano – terra straniera – aveva avuto una breve relazione con una prostituta italiana e che Luck era nato in una casa costruita da emigrati italiani, la levatrice era italiana e che la prima parola detta fosse stata Mamma seguita da un flebile ma perfettamente distinguibile “Eia”.
Mentre ricordava quel giorno con fastidio uscì di casa per recarsi al caffè Central dove si era sempre trovato bene vuoi per l’ambiente tipico di montagna ma anche per la presenza di Emma la cameriera, un tipo riservato ma molto sensibile. Sin dall’anno precedente, quello del suo trasferimento a Poena, il caffè Central (da pronunciarsi alla francese) era uno dei punti fissi della sua vita in valle. Lì conobbe Emma e un suo amico in certo Stefano, soprannominato Stef. Già da subito Luck intuì che Stef fosse infatuato di Emma. Luck aveva imparato già le prime settimane un po’ d’italiano, fondamentalmente quello che sentiva tra i suoi coetanei, tutti frequentatori dei bar di Poena e tra le prime parole aveva capito il profondo significato dell’aggettivo “sfigato” Stef gli era stato indicato un giorno come esempio di sfigato. Luck temeva ancora a pronunciare la parola come sfaigato ma aveva capito e la usava spesso. Tutte le volte che incrociava Stef gli veniva da pensare “Ecco lo sfaigato” ma un po’ per sua bonomia un po’ perchè amico di Emma lo rispettava mentre gli altri sciatori di Poena lo tenevano alla larga.

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Luck da lontano li vedeva confabulare e ogni tanto ambedue volgevano lo sguardo verso di lui. Dopo poco Emma prese la giacca dall’appendiabito, sciarpa e cappello e si diresse risoluta al sua tavolo. “Su alzati che andiamo”. Luck rimase un po’ stupito, quello era orario di lavoro per Emma.
“Nanix mi lascia libera per due giorni e questi li voglio dedicare a te, sei troppo conciato”.
Luck tutto sommato era contento, la sua vita solitaria lo stava stancando e sentiva sempre più il bisogno di compagnia, una amica che si aggirasse per casa era quanto aveva sognato.
“Andiamo a casa tua” salirono sulla Subaru di Luck e in poco tempo ci arrivarono.
Appena varcata la soglia Emma si rese conto che il suo progetto di andare un po’ a sciare con Luck era da posporre al giorno dopo. La casa era un disastro di disordine.
“Ora vai far ordine nel tuo studio mentre io sistemo cucina e le altre stanze”.
Luck a cuor leggero si diresse verso il suo studio e si rese conto ad una prima occhiata che tutta la sua vita era scivolata nel disordine totale. Iniziò a sistemare il banco di lavoro. Pezzi di plastica, ganci, fasce velcro, tutto poteva avere un suo luogo e tutto lo trovò. Poi si rivolse alla scrivania e al PC. Divise i vari documenti e disegni e da ultimo spazzò il pavimento. La scopa era in cucina e andandola a prendere si soffermò sulla porta ad osservare Emma che con velocità, precisione stava dando un ordine a quello che fino a poco prima era il caos. Aveva rimboccato le maniche della camicia a scacchi e le sue braccia mostravano oltre che la grazia una muscolatura a dimostrazione che fosse una donna completa, abituata a fare tutto da sé, ad arrampicare d’estate e accatastare legna in autunno. Ma ciò che lo colpì maggiormente era la pelle di quelle braccia, bianca e liscia, elastica, gli venne subito voglia di accarezzarle quelle braccia ma fu distratto dal segnale che sul PC era arrivata una comunicazione.
Afferrata la scopa ritornò in studio e vide lo schermo del PC illuminato e in un angolo lampeggiava il segnale che una email era arrivata. Il segnale era rosso ciò significava che la email arrivava dal gruppo di sviluppo di DCT. Decise di rimandare la lettura e terminare le pulizie. Dopo un’oretta lo studio era, a suo parere, a posto. Ritornò in cucina e vide tutto splendere e in fondo si vergognò un po’ del suo lavoro assai inferiore a quello di Emma. La si sentiva pulire, spostare e la sua voce canticchiare. Si affacciò alla camera da letto, da dove provenivano i rumori e vedendo Emma piegare i suoi vestiti le sorrise.
“Sono in studio, ho del lavoro da sbrigare” “Qui fra un attimo ho finito e ti raggiungo con una tazza di tè”.
Quando tazza bollente in mano si affacciò allo studio vide Luck con gli occhi sbarrati a leggere qualcosa sul Pc. Anzi a guardar bene gli sembrava tremasse.
Prese una sedia e l’accostò a quella di Luck, gli posò la tazza accanto e notando che Luck non dava segni d’averla notata gli pose una mano sulla sua e gli chiese se stesse bene.
Luck fece quasi un salto sulla sedia e la guardò con fare smarrito.
“Cosa succede? Buone notizie?” chiese Emma.
“Non ci capisco più nulla, disse Luck. Non so cosa stia succedendo, siedi e cerco di spiegarti”.
Ciò che era successo aveva dell’incredibile, era la somma di tante notizie ad aver sconvolto Luck.
Le notizie erano arrivate da numerose fonti ma tutte insieme sembravano essere troppo per Luck.
Il primo documento era il rapporto del famoso psicologo Rambaldo Rambaldi su “Cos’è un telemarker”. Il secondo riguardava le decisioni dell’ONU sul telemark: “Espressione sciistica a rischio estinzione? Cosa fare?” Il terzo la contro relazione di Rito Timeisover che asseriva l’esatto contrario, tant’è che era titolato: “Telemark cresce sempre anche d’estate e soprattutto nei deserti”.

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Nel frattempo in Nord Corea le cose non apparivano più sotto una luce rosea per Pin. Lei era sempre più infatuata di Jack, del suo appartenere a quella cultura americana che la affascinava per sentito dire. Il week end precedente mentre Jack era uscito di casa in modo sgarbato per un’ulteriore prova dei suoi scarponi prototipi, Pina aveva deciso di mettere un po’ d’ordine nella casa. Entrando nello studio di Jack aveva notato subito la mancanza di molto materiale. Tutto era stato infilato in grosse borse quasi dovesse traslocare. I documenti in una borsa, il Pc staccato, e molto materiale sciistico nelle sacche. Sulla scrivania vide poi la stampa di un biglietto aereo Pnon Pen-Sweet Lake City di sola andata.
Jack rientrò con gli scarponi ancora una volta rotti. Era furioso e li scaraventò in un angolo e poi esplose quando notò che qualcuno era entrato nel suo studio. “Quante volte ti ho detto di non entrare nel mio studio!” aveva notato che il biglietto aereo era stato spostato. Uno schiaffo volò sulla guancia di Pin che stoicamente non reagì.
Il pomeriggio trascorse con i due avvolti in un’aria di paura, irritazione. Pin aveva già allertato i servizi segreti nord coreani e l’ordine era di bloccare chiunque cercasse di lasciare il paese con il nome di Jack.
Happy Canc anni prima aveva svolto il servizio d’ordine al G8 di Roma e lì aveva, come suo solito, fatto grosse amicizie. Servizi segreti, uomini vicino ai governi più importanti del mondo e soprattutto aveva legato con il responsabile dei Marines americani.
A Poena attaccandosi la telefono era riuscito a far smuovere le acque. Una soluzione sembrava avvicinarsi. Sarebbe stata un’azione all’altezza dell’incursione a Abbotabad in Pakistan quando fu soppresso Osama Bin Laden. Questa volta si trattava di qualcosa di più complicato trattandosi di colpire molte realtà terroristiche sparse in tutto il mondo. Ma l’efficienza americana lo faceva sperare.
Luck oramai era arrivato alla fine dello sviluppo e produzione dei primi e unici 13.765 paia di scarponi che garantiva gli stipendi di tutti, la copertura della produzione di quelle paia di scaponi e l’accantonamento di un piccolo capitale da dedicare allo sviluppo degli anni a seguire. Il progetto era riuscito e nel migliore dei modi. Ottimi scarponi, testati per un anno in ogni angolo del mondo, da parte di sciatori dalle caratteristiche fisiche e di tecnica le più diverse e il risultato era un dieci e lode.
Finalmente era riuscito a rilassarsi e soprattutto era riuscito a portare Emma in alcuni dei più bei posti del mondo dove aveva sciato. Emma era sempre la prima a chiedergli di quanto fosse stato bello al ritorno di ogni suo viaggio.
Insieme in quell’ultimo anno, di sviluppo e di avvenimenti così crudi, erano stati in Norvegia, Canada, Alaska, Europa. Avevano escluso gli Usa e in particolare lo Utha perchè lì si annidava la temibile DB. Troppo rischioso andare nella bocca del lupo.
A gennaio aveva promesso a Emma di portarla in Giappone, là dove scendendo il vulcano Yotei aveva fatto la discesa più bella della sua vita e voleva ripeterla con Emma. Dal Giappone sarebbero volati poi in Polinesia dove avevano intenzione di stabilirsi. Luck abbandonava, come da accordi la leadership del progetto DCT, nuove idee e personaggi garantivano una nuova visione e sviluppo. Luck era felice di lasciare a nuovi e più giovani appassionati l’incarico che lo aveva assorbito così tanto negli ultimi due anni. Cosa c’è di più bello di creare e lasciare dietro sé un pezzo della propria storia ma sapendo di aver fatto crescere nuove forze pronte a raccogliere il testimone.
Il 31 febbraio 2018 le forze coordinate di tutti i Navy Seals americani scattarono e nel giro di due ore tutti i più pericolosi terroristi di qualsivoglia gruppo mondiale di telemark era reso inoffensivo. Tutti furono concentrati nella base di Gauntanamo a Cuba, campo di raccolta oramai deserto e senza senso.
Le esperienze precedenti del campo si rivelarono subito utilissime su come fare per assopire la naturale tendenza di ogni gruppo a voler predominare sugli altri. Utilizzando droghe che venivano iniettate ogni giorno o somministrate attraverso i cibi della colazione ogni individuo, compresi i più pericolosi, erano resi mansueti.
Erano riusciti a far credere a tutti d’essere alla 50esima edizione della Skieda!
Era anche stata usata la più sofisticata tecnologia. Ogni mattino tutti i telemarker imprigionati andando a lavarsi i denti e specchiandosi si vedevano riflessi nello specchio sotto le sembianze di Morten Aass. Ognuno si sentiva un dio, il dio del telemark norvegese. Nel caso degli italiani il nome era stato modificato in Martino Asso, campione di telemarco di Pescagallo.
Ad ogni prigioniero era stata data una play station con cui gingillarsi. Google era stato modificato e ad ogni digitazione del proprio nome apparivano notizie – fasulle chiaramente ma le droghe non lasciavano percepire al lettore la verità – su Campionati Mondiali di Telemarco vinti da chi eseguiva la ricerca. Seguivano notizie su premi Nobel per il telemarco vinti dallo stesso. Realizzazione di attacchi particolari dalle qualità enormi e varie. Con questi attacchi non solo ci si potevano aprire le bottiglie di birra ma fare anche cappuccini. Lo sforzo maggiore da parte dei tecnici informatici era stato quello, tramite immagini olografiche e particolari sistemi di proiezione, di far sì che ogni volta che il prigioniero telemarco andava a orinare, gli sembrava di estrarre un pene dalle dimensioni gigantesche. Nel campo il mattino non si sentiva più canticchiare quando qualcuno andava in bagno ma si sentiva un sospiro generale che poi si trasmetteva come eco, così diceva: “Io l’ho più grosso!”
L’inverno 2017 iniziò nel modo più tranquillo si fosse mai visto e vissuto. Tutti i telemarci a piede libero sciavano con un’espressione di serenità mai vista. I promotori farmaceutici sembravano i più felici. Rito Timeisover era stato beatificato in Vaticano e non se ne sapeva più nulla. Solo la Cia sapeva essere a Guantanamo ma recluso e escluso da ogni contatto con gli altri. Dava ancora segni di resistenza persino alle droghe più pesanti. Non c’era verso di tranquillizzarlo. L’ultima esperimento, in corso, era di metterlo a capo di un gruppo, specificamente creato per appagare il suo ego megalomane, chiamato Buena Vista Telemarco Social Club.
Happy Canc era celebrato come il vero paciere del mondo. Era stato promosso e inviato come rappresentante Unesco, insieme a Ronaldo, Messi, Angiolina Joly, in giro per il mondo a spiegare che se si vuole ogni “Maligno” è riconducibile alla ragione.
Il mondo del telemark o telemarco che si voglia era appagato. La serenità sembrava aver permeato tutti.
Anche Scoop, Crospi e Garval erano tranquille d quando avevano saputo che l’odiato Peter aveva sentenziato la morte del telemark e quindi la loro produzione di quei maledetti scarponi.
Era arrivato gennaio e Luck poteva finalmente mantenere la promessa di portare Emma in Giappone. L’isola di Okkaido e il vulcano li aspettavano per quell’ultima pagina della loro vita sciistica che stava per concludersi.
L’auto era parcheggiata fuori dal Central (ricordate di leggere alla francese). Era stipata all’inverosimile, si portava via indumenti, attrezzatura, libri e ricordi, un bel pezzo di vita di ambedue.
Al banco finirono il caffè, una birra, una grappa – tutto offerto da Nanix che con le lacrime agli occhi li implorava di restare. A fatica si staccarono da mani che li salutavano e li trattenevano e riuscirono a raggiungere la porta.
Calarono gli occhiali sugli occhi per contrastare il sole di gennaio che splendeva nel cielo. Il fiato si condensava appena usciva dalle loro bocche.
Si scambiarono uno sguardo colmo di felicità, leggerezza e Luck disse: “E’ ora, andiamo, la nostra nuova vita ci aspetta altrove”. Prese Emma sotto braccio ma fu colpito di sentirla irrigidirsi e si chiese il perchè.
Il perchè era sotto gli occhi di Emma. Una volta che le pupille si erano abituate alla luce sfolgorante di quel mattino, aveva voluto dare un ultimo sguardo al paesaggio che in cui aveva vissuto gli utlimi anni. Voleva fermare dentro sé, per un’ultima volta, quella piazza, quegli edifici, il Central, le cime della valle ma così facendo i suoi occhi avevano intuito un’ombra sbucare dietro l’angolo degli uffici dello ski pass. La figura si muoveva controluce e non riusciva a mettere a fuoco l’immagine ma il modo in cui quella persona si muoveva fece vibrare il suo intimo. Ebbe una sensazione a metà tra il materno e la paura. Sì, solo Stef si muoveva in quel modo: in ambio e rotazione! Fu in quel momento che si irrigidì e Luck lo percepì.
Anche se era il modo peggiore per terminare la loro vita a Poena ambedue pensarono che anche quel passaggio era da vivere. Salutare Stef significava proprio mettere fine anche a quella parte triste della vita a Poena.
Stef gli si fece incontro, Luck e Emma cercarono di sfoggiare il sorriso più amichevole che potessero. “Ciao Stef siamo felici di poterti salutare proprio quando stiamo partendo”.
Il sole era sempre nei loro occhi e videro la mano di Stef portarsi entro la giacca. Un regalo, un ricordo, pensò Luck? Certo per Emma e non per me. Era invece per lui il regalo.
Stef estrasse una pistola, mirò al cuore di Luck e sparò.
Luck cade e rotolò lungo i gradini del Central, la neve si arrossò, Emma tenne sollevata la testa di Luck quasi non volesse fargli sentire in freddo del selciato. Ma un freddo diverso saliva nel corpo di Luck. Le lacrime di Emma scivolavano sulle sue gote seguendo le forme del viso, proprio come uno sciatore che asseconda le forme della montagna. Happy Canc balzò su Stef e lo disarmò. Nanix uscì dal Central con una bottiglia di prosecco fraintendendo il colpo della pistola per un avanzo dei festeggiamenti appena conclusi del patrono del paese. Jack fu arrestato in un aeroporto nord coreano proprio in quel momento. Assai curiosamente Timeisover accusò un ictus a Guantanamo e da quel giorno rimase paralizzato in posizione di ambio.
Le ultime parole di Luck ad Emma, quando oramai un’ombra gli impediva di vedere i suoi dolci lineamenti fu: “Rock it babe, do it for me” e spirò.

Fine

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