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“Brividi Liberi”

L’autore, il direttore responsabile della collana e l’editore tengono a
far presente che i personaggi sono puro frutto della fantasia e gli
avvenimenti…un po’ meno

6 e ultima parte

Nel frattempo in Nord Corea le cose non apparivano più sotto una luce rosea per Pin. Lei era sempre più infatuata di Jack, del suo appartenere a quella cultura americana che la affascinava per sentito dire. Il week end precedente mentre Jack era uscito di casa in modo sgarbato per un’ulteriore prova dei suoi scarponi prototipi, Pina aveva deciso di mettere un po’ d’ordine nella casa. Entrando nello studio di Jack aveva notato subito la mancanza di molto materiale. Tutto era stato infilato in grosse borse quasi dovesse traslocare. I documenti in una borsa, il Pc staccato, e molto materiale sciistico nelle sacche. Sulla scrivania vide poi la stampa di un biglietto aereo Pnon Pen-Sweet Lake City di sola andata.
Jack rientrò con gli scarponi ancora una volta rotti. Era furioso e li scaraventò in un angolo e poi esplose quando notò che qualcuno era entrato nel suo studio. “Quante volte ti ho detto di non entrare nel mio studio!” aveva notato che il biglietto aereo era stato spostato. Uno schiaffo volò sulla guancia di Pin che stoicamente non reagì.

Il pomeriggio trascorse con i due avvolti in un’aria di paura, irritazione. Pin aveva già allertato i servizi segreti nord coreani e l’ordine era di bloccare chiunque cercasse di lasciare il paese con il nome di Jack.

Happy Canc anni prima aveva svolto il servizio d’ordine al G8 di Roma e lì aveva, come suo solito, fatto grosse amicizie. Servizi segreti, uomini vicino ai governi più importanti del mondo e soprattutto aveva legato con il responsabile dei Marines americani.
A Poena attaccandosi la telefono era riuscito a far smuovere le acque. Una soluzione sembrava avvicinarsi. Sarebbe stata un’azione all’altezza dell’incursione a Abbotabad in Pakistan quando fu soppresso Osama Bin Laden. Questa volta si trattava di qualcosa di più complicato trattandosi di colpire molte realtà terroristiche sparse in tutto il mondo. Ma l’efficienza americana lo faceva sperare.

Luck oramai era arrivato alla fine dello sviluppo e produzione dei primi e unici 13.765 paia di scarponi che garantiva gli stipendi di tutti, la copertura della produzione di quelle paia di scarponi e l’accantonamento di un piccolo capitale da dedicare allo sviluppo degli anni a seguire. Il progetto era riuscito e nel migliore dei modi. Ottimi scarponi, testati per un anno in ogni angolo del mondo, da parte di sciatori dalle caratteristiche fisiche e di tecnica le più diverse e il risultato era un dieci e lode.

Finalmente era riuscito a rilassarsi e soprattutto era riuscito a portare Emma in alcuni dei più bei posti del mondo dove aveva sciato. Emma era sempre la prima a chiedergli di quanto fosse stato bello al ritorno di ogni suo viaggio.

Insieme in quell’ultimo anno, di sviluppo e di avvenimenti così crudi, erano stati in Norvegia, Canada, Alaska, Europa. Avevano escluso gli Usa e in particolare lo Utha perchè lì si annidava la temibile DB. Troppo rischioso andare nella bocca del lupo.
A gennaio aveva promesso a Emma di portarla in Giappone, là dove scendendo il vulcano Yotei aveva fatto la discesa più bella della sua vita e voleva ripeterla con Emma. Dal Giappone sarebbero volati poi in Polinesia dove avevano intenzione di stabilirsi. Luck abbandonava, come da accordi la leadership del progetto DCT, nuove idee e personaggi garantivano una nuova visione e sviluppo. Luck era felice di lasciare a nuovi e più giovani appassionati l’incarico che lo aveva assorbito così tanto negli ultimi due anni. Cosa c’è di più bello di creare e lasciare dietro sé un pezzo della propria storia ma sapendo di aver fatto crescere nuove forze pronte a raccogliere il testimone.

Il 31 febbraio 2018 le forze coordinate di tutti i Navy Seals americani scattarono e nel giro di due ore tutti i più pericolosi terroristi di qualsivoglia gruppo mondiale di telemark era reso inoffensivo. Tutti furono concentrati nella base di Gauntanamo a Cuba, campo di raccolta oramai deserto e senza senso.
Le esperienze precedenti del campo si rivelarono subito utilissime su come fare per assopire la naturale tendenza di ogni gruppo a voler predominare sugli altri. Utilizzando droghe che venivano iniettate ogni giorno o somministrate attraverso i cibi della colazione ogni individuo, compresi i più pericolosi, erano resi mansueti.
Erano riusciti a far credere a tutti d’essere alla 50esima edizione della Skieda!
Era anche stata usata la più sofisticata tecnologia. Ogni mattino tutti i telemarker imprigionati andando a lavarsi i denti e specchiandosi si vedevano riflessi nello specchio sotto le sembianze di Morten Aass. Ognuno si sentiva un dio, il dio del telemark norvegese. Nel caso degli italiani il nome era stato modificato in Martino Asso, campione di telemarco di Pescagallo.

Ad ogni prigioniero era stata data una play station con cui gingillarsi. Google era stato modificato e ad ogni digitazione del proprio nome apparivano notizie – fasulle chiaramente ma le droghe non lasciavano percepire al lettore la verità – su Campionati Mondiali di Telemarco vinti da chi eseguiva la ricerca. Seguivano notizie su premi Nobel per il telemarco vinti dallo stesso. Realizzazione di attacchi particolari dalle qualità enormi e varie. Con questi attacchi non solo ci si potevano aprire le bottiglie di birra ma fare anche cappuccini. Lo sforzo maggiore da parte dei tecnici informatici era stato quello, tramite immagini olografiche e particolari sistemi di proiezione, di far sì che ogni volta che il prigioniero telemarco andava a orinare, gli sembrava di estrarre un pene dalle dimensioni gigantesche. Nel campo il mattino non si sentiva più canticchiare quando qualcuno andava in bagno ma si sentiva un sospiro generale che poi si trasmetteva come eco, così diceva: “Io l’ho più grosso!”

L’inverno 2017 iniziò nel modo più tranquillo si fosse mai visto e vissuto. Tutti i telemarci a piede libero sciavano con un’espressione di serenità mai vista. I promotori farmaceutici sembravano i più felici. Rito Timeisover era stato beatificato in Vaticano e non se ne sapeva più nulla. Solo la Cia sapeva essere a Guantanamo ma recluso e escluso da ogni contatto con gli altri. Dava ancora segni di resistenza persino alle droghe più pesanti. Non c’era verso di tranquillizzarlo. L’ultima esperimento, in corso, era di metterlo a capo di un gruppo, specificamente creato per appagare il suo ego megalomane, chiamato Buena Vista Telemarco Social Club.

Happy Canc era celebrato come il vero paciere del mondo. Era stato promosso e inviato come rappresentante Unesco, insieme a Ronaldo, Messi, Angiolina Joly, in giro per il mondo a spiegare che se si vuole ogni “Maligno” è riconducibile alla ragione.
Il mondo del telemark o telemarco che si voglia era appagato. La serenità sembrava aver permeato tutti.
Anche Scoop, Crospi e Garval erano tranquille d quando avevano saputo che l’odiato Peter aveva sentenziato la morte del telemark e quindi la loro produzione di quei maledetti scarponi.

Era arrivato gennaio e Luck poteva finalmente mantenere la promessa di portare Emma in Giappone. L’isola di Okkaido e il vulcano li aspettavano per quell’ultima pagina della loro vita sciistica che stava per concludersi.
L’auto era parcheggiata fuori dal Central (ricordate di leggere alla francese). Era stipata all’inverosimile, si portava via indumenti, attrezzatura, libri e ricordi, un bel pezzo di vita di ambedue.
Al banco finirono il caffè, una birra, una grappa – tutto offerto da Nanix che con le lacrime agli occhi li implorava di restare. A fatica si staccarono da mani che li salutavano e li trattenevano e riuscirono a raggiungere la porta.
Calarono gli occhiali sugli occhi per contrastare il sole di gennaio che splendeva nel cielo. Il fiato si condensava appena usciva dalle loro bocche.
Si scambiarono uno sguardo colmo di felicità, leggerezza e Luck disse: “E’ ora, andiamo, la nostra nuova vita ci aspetta altrove”. Prese Emma sotto braccio ma fu colpito di sentirla irrigidirsi e si chiese il perchè.
Il perchè era sotto gli occhi di Emma. Una volta che le pupille si erano abituate alla luce sfolgorante di quel mattino, aveva voluto dare un ultimo sguardo al paesaggio che in cui aveva vissuto gli utlimi anni. Voleva fermare dentro sé, per un’ultima volta, quella piazza, quegli edifici, il Central, le cime della valle ma così facendo i suoi occhi avevano intuito un’ombra sbucare dietro l’angolo degli uffici dello ski pass. La figura si muoveva controluce e non riusciva a mettere a fuoco l’immagine ma il modo in cui quella persona si muoveva fece vibrare il suo intimo. Ebbe una sensazione a metà tra il materno e la paura. Sì, solo Stef si muoveva in quel modo: in ambio e rotazione! Fu in quel momento che si irrigidì e Luck lo percepì.
Anche se era il modo peggiore per terminare la loro vita a Poena ambedue pensarono che anche quel passaggio era da vivere. Salutare Stef significava proprio mettere fine anche a quella parte triste della vita a Poena.
Stef gli si fece incontro, Luck e Emma cercarono di sfoggiare il sorriso più amichevole che potessero. “Ciao Stef siamo felici di poterti salutare proprio quando stiamo partendo”.
Il sole era sempre nei loro occhi e videro la mano di Stef portarsi entro la giacca. Un regalo, un ricordo, pensò Luck? Certo per Emma e non per me. Era invece per lui il regalo.
Stef estrasse una pistola, mirò al cuore di Luck e sparò.
Luck cade e rotolò lungo i gradini del Central, la neve si arrossò, Emma tenne sollevata la testa di Luck quasi non volesse fargli sentire in freddo del selciato. Ma un freddo diverso saliva nel corpo di Luck. Le lacrime di Emma scivolavano sulle sue gote seguendo le forme del viso, proprio come uno sciatore che asseconda le forme della montagna. Happy Canc balzò su Stef e lo disarmò. Nanix uscì dal Central con una bottiglia di prosecco fraintendendo il colpo della pistola per un avanzo dei festeggiamenti appena conclusi del patrono del paese. Jack fu arrestato in un aeroporto nord coreano proprio in quel momento. Assai curiosamente Timeisover accusò un ictus a Guantanamo e da quel giorno rimase paralizzato in posizione di ambio.
Le ultime parole di Luck ad Emma, quando oramai un’ombra gli impediva di vedere i suoi dolci lineamenti fu: “Rock it babe, do it for me” e spirò.

Fine

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